![Che cosa sta succedendo tra Tesla e la Scandinavia?](https://www.fleetmagazine.com/wp-content/webp-express/webp-images/doc-root/wp-content/uploads/2023/08/Auto_elettrica_Tesla_ricarica-1140x644.jpg.webp)
Al rifiuto di Tesla di accettare di definire le condizioni di lavoro, prima gli svedesi e poi tutti gli scandinavi non ci sono stati: e così hanno smesso di pulire gli showroom, di scaricare le forniture di Tesla nei porti e di fare consegne al marchio californiano.
In questo articolo
Da diverse settimane, prima la Svezia e poi tutti i Paesi Scandinavi insieme alla Finlandia sono diventati il campo di battaglia per la più grande azione sindacale che Tesla ed Elon Musk abbiano mai affrontato.
Quello che è iniziato come uno sciopero di un gruppo di 130 meccanici affiliati al sindacato nazionale IF Metall, responsabili dell’ispezione delle auto di Tesla, si è ora evoluto in una protesta multi-settoriale con l’obiettivo di garantire un accordo collettivo che definisca salari, orari di lavoro e benefici per coloro che lavorano per l’azienda.
Musk, di base, sta affrontando per la prima volta nella sua vita le forti tutele ai lavoratori tipiche della gran parte dei paesi europei (con la solita eccezione dell’Italia). E ovviamente non gli piace.
Leggi Anche: Anche Stellantis, Ford e GM hanno dovuto cedere negli USA
SCIOPERO DAI PAESI PIÙ IMPORTANTI PER TESLA
Lo sciopero, iniziato il 27 ottobre, si è concentrato sulla riluttanza di Tesla nel firmare un contratto collettivo che delinei i termini e le condizioni di impiego. Inizialmente guidata dai meccanici, la protesta ha ottenuto il sostegno di varie categorie di lavoratori in segno di solidarietà.
I lavoratori portuali hanno rifiutato di scaricare i beni di Tesla nei porti svedesi per giorni (a partire dal più importante dell’intera Scandinavia, quello di Göteborg), il personale delle pulizie ha annunciato il rifiuto di pulire gli showroom e le officine di Tesla, e gli elettricisti hanno promesso di non riparare le stazioni di ricarica dell’azienda.
![](https://www.fleetmagazine.com/wp-content/uploads/2023/12/Tesla-Sweden.webp)
Dal 20 novembre, anche i lavoratori postali si sono uniti al movimento, interrompendo le consegne di lettere, pezzi di ricambio e pallet a tutti gli indirizzi Tesla in Svezia.
La Svezia, che è il quinto mercato più grande di Tesla in Europa, riveste una notevole importanza economica per l’azienda. Mentre Tesla non ha impianti di produzione in Svezia, le sue auto elettriche vengono ispezionate in numerosi laboratori locali. Eppure, a differenza di altri paesi paesi, né la Svezia né gli altri paesi coinvolti dispongono di leggi nazionali che impongano gli orari di lavoro o i salari minimi.
Tuttavia, pur non essendoci leggi che lo stabiliscano, questi dettagli sono tradizionalmente delineati in accordi collettivi specifici del settore, ai quali quasi tutte le aziende nel paese aderiscono. IF Metall, il sindacato dei metalmeccanici, sta cercando di convincere Tesla a firmare un accordo da cinque anni, ma i negoziati sono giunti a un punto morto, e hanno innescato lo sciopero.
Leggi Anche: Tesla ha problemi anche con il pilota automatico
DALLA SVEZIA A DANIMARCA, NORVEGIA E FINLANDIA
A inizio dicembre, anche il sindacato più grande della Danimarca, 3F, ha annunciato che si unirà allo sciopero dei lavoratori svedesi che protestano contro il rifiuto di Tesla di riconoscere i loro diritti alla contrattazione collettiva.
3F, che nella sua sezione Trasporti rappresenta circa 20 lavoratori presso il centro di assistenza di Tesla a Copenhagen, ha dichiarato che si unirà allo sciopero in solidarietà con i suoi colleghi svedesi. Il sindacato ha anche accusato Tesla di violare le leggi del lavoro danesi non informando i lavoratori sui loro diritti e doveri.
“Abbiamo cercato di parlare con Tesla, ma ci hanno ignorato. Non hanno mostrato alcun interesse nel dialogo o nel rispetto del modello danese di cooperazione tra datori di lavoro e dipendenti“, ha dichiarato Jan Villadsen, il presidente del gruppo trasporti di 3F. E qualcosa di simile è accaduto in Finlandia.
La risposta ancora più temibile viene dalla Norvegia, non solo perché tra i principali mercati di Tesla al mondo, ma perché anche il Fondo Sovrano Norvegese, tra i principali azionisti del costruttore californiano, si è schierato dalla parte dei lavoratori, pur non essendo per ora intenzionato a ritirare i suoi investimenti.
La Norges Bank Investment Management, il gestore del fondo, è il settimo azionista più grande di Tesla con una quota dello 0,88% del valore di circa 6,8 miliardi di dollari. NBIM ha dichiarato che le aziende in cui investono dovrebbero rispettare i diritti umani, compresi i diritti dei lavoratori, e ha evidenziato il loro sostegno a una proposta del 2022 che invitava Tesla ad adottare una politica sui diritti dei lavoratori, ottenendo il 32% di sostegno.
Il sentimento di molti investitori sta cambiando, con PensionDanmark che pare abbia venduto azioni Tesla per circa 58 milioni di dollari. PensionDanmark, con oltre 800.000 membri e un patrimonio totale di 45 miliardi di dollari, ha agito seguendo l’esempio del sindacato del lavoro danese, 3F, che è un attore chiave nello sciopero in corso.
In Svezia, il consiglio etico congiunto dei fondi pensione statali (AP funds), con un portafoglio combinato di circa 247 miliardi di dollari, si è rivolto a Tesla per discutere dei diritti dei lavoratori, monitorando da vicino gli sviluppi.
Nel frattempo, il CEO di un altro fondo danese, AkademikerPension, che gestisce circa 24 miliardi di dollari, ha dichiarato che la posizione di Tesla sui diritti dei lavoratori ha spinto il fondo a porre l’azienda sotto osservazione.
Leggi Anche: Chi è l’uomo che potrebbe spaventare Tesla
MUSK PARLA DI PAZZIA
Elon Musk, descrivendo la situazione come “pazzia”, si trova a fronteggiare una profonda crisi in una regione nota per il suo entusiasmo nei confronti dei veicoli elettrici.
In particolare proprio la Norvegia, dove il motore a combustione interna sta diventando una rarità nelle nuove immatricolazioni, rappresentando solo il 9%, inclusi gli ibridi, con la benzina al 1% e il diesel al 2%, il mercato è un bastione per i veicoli elettrici. Nello specifico, il 91% degli acquisti di auto nuove nel 2023 consiste in veicoli elettrici, riflettendo un impegno robusto verso il trasporto sostenibile.
In generale, nel 2022, Tesla ha venduto circa 35.000 veicoli in Fennoscandia (Scandinavia + Finlandia), con 21.000 in Norvegia (15% del mercato dei veicoli elettrici), 9.200 in Svezia (10%), 3.000 in Danimarca (10%) e 1.700 in Finlandia (11,7%).
Anche se la situazione ha influenzato le consegne di Tesla in Scandinavia, l’azienda ha venduto 1,3 milioni di veicoli globalmente nei primi tre trimestri dell’anno, superando il totale del 2022.
La controversia sindacale potrebbe avere implicazioni più ampie per Tesla, estendendosi oltre la sospensione immediata delle consegne in Scandinavia. Man mano che gli investitori diventano sempre più preoccupati per la capacità di Tesla di gestire le relazioni sindacali e garantire un rendimento ragionevole, l’azienda si troverà ad affrontare sfide su più fronti.
Senza contare che l’azienda sta affrontando problemi di sicurezza in California, con multe regolamentari legate a violazioni della sicurezza sul lavoro. Senza che, tuttavia, Elon Musk abbia intenzione di ammettere gli errori.
Leggi Anche: La Norvegia ha così tante elettriche che gli incentivi non servono più.
***
CONTINUA A LEGGERE SU FLEETMAGAZINE.COM
Per rimanere sempre aggiornato seguici sul canale Telegram ufficiale e Google News.
Iscriviti alla nostra Newsletter per non perderti le ultime novità di Fleet Magazine.